Archivio Foto

Pubblicato: 16 febbraio 2015 in Uncategorized

Archivio Foto.

Fantàsia

Pubblicato: 2 novembre 2013 in Uncategorized
Ci sono dei libri che non avrei mai voluto leggere, per non arrivare così a fondo , così di fronte alla verità.
Velo squarciato. E poi la nudità , e il niente .
Ci sono delle persone che non avrei mai voluto incontrare, per non capire che cos’e’ la grande bellezza e quindi per non scoprire che essa comunque sarà perduta per sempre.
La felicità , e poi?  La felicità….. Questa effimera redenzione.
Trovare la tua stella e poi fare finta che non esista. Finchè davvero non esisterà più. Finchè si confonderà nell’eterno  gelatinoso  molle mondo-che-esiste.
L’inconsistenza e la più estrema infinitesimale compattezza della materia sono la stessa cosa: è il punto stesso ad essere formato da altri infiniti punti sempre più piccoli fino ad arrivare all’invisibile, l’estremo candore, la purezza del niente, che è il tutto, quel tutto grazie al quale noi, carne parlante, possiamo dire che il niente esiste.
Cruda disperazione e atavici sogni.
Sogni che forse riescono ad essere lo scacco di questo esistenzialismo così asettico, così minimal.
E la fantasia. La regina del regno di Fantàsia, non mi resta che essere, Fiordiluna, dove il nulla non esiste e l’esistenza è.
Finalmente.
Senza atomi.
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WAKE UP

Pubblicato: 2 dicembre 2012 in Uncategorized

Quello che vedo è la non condivisione, è la chiusura di ognuno nel suo mondo, nei suoi problemi, è il fuggire da ciò che si rivela oltre ciò che tu puoi comprendere, nel senso di comprendere all’interno di te stesso, un mondo di Ego senza Altro. La solitudine fa bene, ma a tratti, non sempre.

E’ necessario che le persone imparino a parlare di tutto ciò che vogliono.

E’ fondamentale che si possa comunicare, altrimenti è solo un sopravvivere, senza scopo.

L’unica cosa che esiste è la comunione con l’Altro, che magari dura un attimo, ma è tutto ciò per cui vale la pena vivere. Non c’è nient’altro. Niente.

E si arriva a non credere più a nessuno e a niente. Siamo in un mondo di persone troppo prese da quello che fanno che si dimenticano di chi sono. Il sistema ci ingloba senza che noi ce ne accorgiamo. E spesso anche chi cerca di andare contro questo sistema, lo fa in una maniera sistematica, ovvero che il sistema accetta, e così nulla cambierà mai.

Ci vuole sincerità, spontaneità, e nessuna paura a mostrare ciò che davvero si ha dentro.

La paura è frutto di un sistema che ci sta facendo addormentare tutti.

Svegliamoci, cazzo. DIAMOCI UNA MANO.

 

La metafisica del corpo

Pubblicato: 21 ottobre 2012 in Uncategorized
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É la prima definizione che mi è venuta in mente per descrivere l’opera di Marina Abramovic, ma soprattutto la sua persona. Due cose che non si possono scindere. Marina è ontologicamente ciò che rappresenta con le sue performance. È questo l’aspetto che la rende unica.

Una donna che decide di usare il proprio corpo, che sente come limite come prigione come ostacolo, per dare vita proprio a ciò che di più profondo esso contiene, e non per superare o negare o nascondere l’Es, ma per sublimarlo, attraverso il Super Io, che, per forza di cose, questo mondo impone a tutti quanti, generando un Io forte, presente, fisico, mentale, violento e dolce allo stesso tempo.

Una donna che da bambina ha vissuto un’ infanzia severissima, da lei stessa definita priva di affetto, nonostante i suoi genitori siano stati partigiani e forti attivisti politici nell’ottica della liberazione dell’ex Jugoslavia.

Una donna che ha lasciato il suo paese e si è innamorata di un artista, Ulay, tedesco, e per 12 anni ha realizzato performance con lui, in un’ unità estrema, di coppia e di lavoro, di vita, simbiotica… Un unione finita così in un lampo, come è iniziata, nel mezzo della Muraglia Cinese, quando i due decisero di percorrerla in senso opposto per poi incontrarsi a metà.

Una donna che con quest’uomo ha vissuto in un camper per anni, senza soldi, con il sogno di diventare artista, e occupando ogni attimo della sua vita a pensare a come fare, a inventarsi performance, a scrivere, a immaginare e sognare.

Una donna che alla fine ce l’ha fatta, grazie alla sua semplicità, dolcezza, purezza e sincerità a divenire un’artista contemporanea tra le più famose a livello mondiale.

Una donna che ha dovuto essere famosa non per i soldi ma per il bisogno di amore che da sempre dentro di sé l’ha portata a confrontarsi col mondo, a cercare, trovare, capirsi, distruggersi

 e ricrearsi, per arrivare finalmente a essere lei stessa un’opera d’arte, amata, guardata, voluta, apprezzata, amata.

Nel documentario “The artist is present”, che mostra la mostra durata 3 mesi al Moma di New York, nella quale sono rappresentate da vari artisti le sue performance più famose, mentre lei è seduta su una sedia e per otto ore al giorno comunica con gli occhi con chi decide di sedersi di fronte a lei… In questo documentario viene alla luce la sua sensibilità e il sentimento che sta alla base del suo bisogno di fare arte, che fondamentalmente risiede nella solitudine e nela conseguente necessità dell’altro, che si realizza in maniera mirabile e direi perfetta!

dalle guerre dell’oppio al mercato farmaceutico…

Non ho mai pensato di essere ingenua a credere che il traffico di sostanze (illegali e legali) possa essere totalmente eliminato dalla faccia della Terra.

Per combattere efficacemente fenomeni come il traffico di droga, il riciclaggio del denaro sporco, l’immorale buisness che sta dietro alla vendita delle benzodiazepine, sono necessarie legislazioni internazionali e la collaborazione tra gli Stati interessati. Sembrerebbe così semplice. Gli stati collaborano per tante cose inutili, ci sono legislazioni per altrettante cose inutili. Ma a quanto pare al mondo fa comodo avere una società dipendente e schiava. Anche questa è una forma di controllo. Anzi direi che è la maggiore forma di controllo. Stordire, sedare.

         

Voglio iniziare chiarendo subito un concetto importante: non sono una moralista che a priori è contro le droghe, anzi, sono convinta che certe persone  possano trovare benefici dall’uso di sostanze, parlo di menti per così dire elette, i grandi artisti che hanno fatto della droga la loro vita e che con le loro opere e azioni hanno cambiato il corso degli eventi, hanno rivoluzionato la musica, la letteratura e l’arte. Kurt Cobain, Jim Morrison, Jimi Hendrix, William Burroughs, Jean-Michel Basquiat, Chet Baker, Janis Joplin, solo per citarne alcuni. Io li vedo come angeli che hanno sacrificato la vita per farci capire qualcosa, per aprirci gli occhi, per darci una scossa. Mi sento di dire che, dato che è chiaro agli occhi di tutti che senza le sostanze la storia di questi artisti sarebbe inevitabilmente stata diversa, per loro l’abuso era parte integrante della personalità e dell’arte che hanno creato; il beneficio che ne deriva è per il mondo intero, dovremmo imparare da storie come queste invece di imitarle pensando anche noi di essere degli eletti. Perchè nella maggior parte dei casi non è così. A farsi del male ci si sente martiri di un mondo insalvabile, ma è molto raro che la via della tossicodipendenza porti alla luce idee per salvarlo. Soprattutto in questi tempi. Oggi la tossicomania è diversa. Oggi, soprattutto tra i giovani, è politossicomania, senza criterio. Cocktail infernali di droghe, alcol e farmaci.

L’unico che è riuscito a sopravvivere a lungo è Burroughs, che è anche colui che mi ha ispirato a scrivere oggi. Alla fine di Junkie, il suo libro più documentaristico sulla droga scritto nel 1953, scagliandosi contro un mondo ormai tossico alla radice afferma che “se l’Ufficio Narcotici americano, in possesso senza dubbio dello schedario più completo del mondo per quanto concerne il traffico e l’uso degli stupefacenti, se il signor Anschlinger, dirigente di tale ufficio, in particolare, soltanto volesse, potrebbe mettere in correlazione i dati in suo possesso con la cura dell’apomorfina (una cura di cui l’autore parla in maniera dettagliata nell’epilogo del libro) ponendosi così alla testa di una crociata per liberare tutti i popoli del mondo dalla schiavitù degli agenti chimici”. Burroughs sarà il più tossicomane del mondo ma ha compreso profondamente quanto l’unica cosa necessaria sia fare in modo che gli individui non sentano la necessità di sostanze sedative, per compiere un passo avanti verso la salute fisica e la normalità di ogni funzione dell’organismo.

Gli inglesi hanno conquistato la Cina dopo averla resa dipendente dall’oppio.

Le guerre e gli scontri tra i cartelli di droga in Sud America causano migliaia di vittime innocenti.

Non è vero che solo ai tempi di Burroughs i medici si facevano pagare per fare ricette illegali. Prima lo facevano con la morfina, ora spacciano benzodiazepine. Da alcuni dati dell’istituto di Medicina Legale di Milano risultano esserci circa 100 utenti ogni 10.000 ricette!!

… Basta un atomo in più e TAC, magia, una nuova benzodiazepina creata in laboratorio, brevettata, immediatamente  immessa sul commercio, pronta per essere consumata. E prima la si inventa meglio è, perchè la concorrenza è spietata. E la prima casa farmaceutica a produrla vince! E i medici allora iniziano a venderle per incrementare questo mercato della droga legale. Curano malattie immaginarie con farmaci di cui nemmeno sono certi gli effetti benefici, ma negano le cure ai pazienti con le così dette “malattie preesistenti”, che poi sono tutte le malattie di questo mondo… In Sicko, documentario del 2007 sulla sanità americana di Michael Moore, l’elenco delle malattie per cui l’assicurazione non copre, viene fatta scorrere in stile sigla di  Star Wars, colonna sonora compresa, ed è più lunga di tutte le storie di tutti gli episodi della saga!

Tony Benn, sempre in Sicko, parlando con Moore, sostiene che una popolazione triste e demoralizzata, senza cure a meno che non sborsi migliaia di dollari,  gente a cui si fa credere che la società sia fatta così e che non si possa cambiare nulla perchè il loro paese è il migliore del mondo, perchè i loro poliziotti sono eroi, gente bombardata di pubblicità del nuovo rimedio istantaneo ad ogni malessere, conflitto, dolore… sostiene che una popolazione del genere sia fatta di persone che non possono ribellarsi, perchè disperate, perchè la paura di morire che deriva dalla mancanza di cure li deprime. Perchè non hanno libertà di scegliere. Perchè manca la democrazia.

Ci sono due modi di controllare le persone, terrorizzarle e demoralizzarle…..

e io ne aggiungerei un terzo, che li racchiude entrambi, sedarle….                      

Come si fa ad eliminare dalle menti bisogni che il potere ha ormai radicato nella società, rendendola succube? Non ci sarà rivoluzione nella società finchè la rivoluzione non avviene nel cuore dell’uomo. Suona molto utopistico e ingenuo. Ma io nonostante tutto ho ancora fiducia nell’essere umano, perchè non sono ancora demoralizzata!

Lo Sheba Center è una truffa

Pubblicato: 3 settembre 2012 in Medicina
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L’eterna bugia di un popolo.

Premetto che non voglio allargare le mie opinioni sull’ospedale “Sheba Medical Center” a quelle che ho su tutto il popolo di Israele, però credo che dalla sanità di un paese si capiscano tante cose.

Abbiamo deciso di fare questo viaggio perchè mia madre è malata da un anno di un linfoma non Hogdkin, resistente alle più comuni terapie. Sotto consiglio di colleghi di mio padre e di alcuni medici abbiamo scelto lo Sheba Center, considerato il quinto centro medico migliore del mondo. E’ stato un viaggio della speranza, la speranza in una radioterapia mirata che forse in Italia non esiste. Uno di quei viaggi che se poi non fai, hai paura che ti diresti “se partivo magari le cose sarebbero andate diversamente”. Io studio medicina e sapevo bene che ci sarebbero state poche possibilità di risultati concreti. Ma siamo partiti comunque.

Abbiamo contattato un medico per e-mail e ci hanno risposto tempestivamente e altrettanto tempestivamente ci hanno chiesto i 15.000 dollari per un ricovero di 10 giorni. Io avevo preparato una dettagliata cartella clinica in inglese per rendergli le cose più semplici ma a quanto pare ho fatto un lavoro a vuoto.

All’arrivo il trasporto all’ospedale è stato faticoso ma ottimo, sembrava tutto a posto e sotto controllo. Ci “accoglie” l’accompagnatore, ci riceve all’ingresso, e ci molla in pronto soccorso per l’accettazione. Tende che facevano da separè tutte sporche, lettini scomodissimi, mia madre agitatissima, aveva bisogno di un farmaco, e nessuno che la considerava, le infermiere che non riuscivano nemmeno a bucare una vena per inserire un catetere venoso (senza poi dirci perchè volevano inserirlo). Siamo rimasti lì sette ore senza cena.

Finalmente a mezzanotte ci trasferiscono in una stanza, dopo mille richieste, dopo mille chiamate a quelli che di Ematologia che ovviamente non si sono neanche sognati di rispondere. Una stanza del reparto di medicina interna, che non c’entra niente con la malattia che ha mia madre! Vetri sporchi, camera asettica e tristissima, nessuno che sapeva le terapie che prendeva giornalmente mia madre! E io che le avevo scritte nella cartella: non l’avevano nemmeno guardata, sono dovuta andare a chiedergiele io, a infermiere che nemmeno parlavano inglese e quelle che lo parlavano lo facevano male. Questa era la camera:

Mentre mio padre stava con lei io sono andata con l’accompagnatore nell’Hotel contenuto all’interno dell’ospedale a posare le valigie, e lui mi chiedeva cosa ne pensavo. Io ero agitata, continuavo a chiedergli perchè non avevamo la stanza se ci eravamo messi d’accordo, perchè mia mamma doveva stare in pronto soccorso, io gli avevo spiegato tutto quello che aveva, dovevano sapere chi eravamo. Avevo paura, non mi fidavo e volevo tornare a casa. Come può il quinto centro medico migliore del mondo avere i piccioni nel bar?

Come può il quinto centro migliore del mondo avere ascensori sporchi?


E l’immondizia nei corridoi abbandonata?

Mentre camminavo per quei corridoi mi sono resa conto che tutto era un grande bluff, che ci avevano truffato. E che se un paese truffa le persone nell’ambito della sanità, ci si può immaginare benissimo come lo faccia anche nelle altre situazioni. Questo dev’essere un posto in cui se hai bisogno di un rene ce l’hai in un giorno, se paghi 180.000 dollatri (lascio immaginare a voi come).

Al terzo giorno finalmente vediamo un medico e ci spostano in Ematologia, in una camera DOPPIA! Quando noi avevamo esplicitamente chiesto una singola. Anche lì nessuno sapevo le terapie di mia madre.  I dottori sono stati bravi. Persone gentili e molto competenti. Si notano subito queste cose. Hanno consigliato ciò che consiglierebbe un padre ad una figlia, e sono stati delicati.

Non mi aspettavo una reggia con piscina, però per lo meno un luogo con un aspetto decente, un minimo di attenzione e umanità, pulizia, organizzazione. Un’accoglienza.

Ma non basta avere tecnologie avanzate e poche teste intelligenti per tirare su un ospedale, servono una scrupolosa e meticolosa attenzione per il paziente, soprattutto per quello grave, una ferrea organizzazione, igiene, pulizia, collaborazione, passione, comprensione, e in ogni individuo che ci lavora. E queste cose non fanno da corollario ma sono l’essenza di un sistema sanitario degno di essere definito tale, soprattutto se si spaccia per il quinto centro medico migliore del mondo.

   Visto che è ancora in costruzione, spero che possano ricostruire tutto l’intero sistema oltre che gli edifici…